TPL e ripartenza post-emergenza

Per favorire gli investimenti occorre intervenire sulla durata dei contratti di servizio.

Una delle evidenze da tempo condivise nel settore del TPL è data dalla necessità di aumentare gli investimenti, in primo luogo in materiale rotabile. I vantaggi di tale azione non necessitano di particolari spiegazioni sia dalla prospettiva degli utenti e dunque dell’attrattività dei servizi di mobilità, sia dal punto di vista della performance degli operatori, sia, non da ultimo, per l’intera filiera industriale di settore. Altrettanto note sono, peraltro, le statistiche e le comparazioni tra i dati di vetustà del parco mezzi in Italia e la media europea.

Proprio muovendo da tali riconosciute esigenze, negli ultimi anni si è realizzata una programmazione ed erogazione di finanziamenti pubblici su un orizzonte pluriennale, destinati proprio al rinnovo delle flotte dei mezzi di trasporto pubblico, così come all’apertura a nuove forme di approvvigionamento, come il noleggio dei mezzi in linea (art. 27, D.L. 50/2017). Proprio nell’attuale fase, peraltro, è stata evidente la necessità di accedere a forme flessibili ed efficaci per il rinnovamento della flotta.

A fronte del prospettato intervento del recovery found e dell’annunciata disponibilità di ingenti risorse finanziarie per gli investimenti in mobilità sostenibile, da più parti si ribadisce che si tratterà di un appuntamento determinante e fondamentale e che una delle necessità più improcrastinabili sarà proprio la capacità di spendere con efficacia e speditezza queste risorse finanziarie. Non da ultimo, e non a caso, diversi operatori finanziari o di altre filiere industriali, nazionali e stranieri, stanno mostrando interesse per il settore e volontà di intervenire, con diverse modalità e strategie commerciali, anche con strumenti finanziari a supporto degli operatori di TPL.

Ma il settore è pronto a far sì che tale auspicabile afflusso di capitale possa dispiegarsi e garantire un programma di investimenti, magari garantendo un processo di transizione energetica, realizzando quei benefici sopra elencati?

C’è un elemento determinante che, oggi, arreca ostacolo in questa prospettiva. L’esiguità della durata residua dei contratti di servizio in essere, infatti, complica le analisi e le valutazioni di ordine economico-finanziario delle operazioni di finanziamento, le quali, per loro natura, mirano a svilupparsi su un orizzonte di lungo periodo, garantite dalla continuità dei corrispettivi dei contratti di servizio. In tale chiave, il regime regolatorio vigente in tema di subentro nei beni essenziali non genera, per sua natura, quelle garanzie di sistema e di certezza del diritto, specie agli occhi di soggetti finanziatori che solitamente non operano nel settore e, conseguentemente, scoraggiano l’afflusso di capitali e la realizzazione di investimenti.

Occorre pertanto intervenire sulla durata dei contratti di servizio con gli strumenti attualmente disponibili (art. 4 del Reg. 1370/2007), ovvero con iniziative volte a determinare una riapertura del regime transitorio del regolamento europeo o parzialmente derogatorio, anche se finalizzate all’attuazione di specifiche iniziative di investimento. In tale direzione sarebbe auspicabile un’iniziativa comune in ambito comunitario.

Il rischio è quello di perdere un’altra opportunità per il settore, anche quando, finalmente, se ne percepisce la naturale rilevanza per la collettività.

Facebook
LinkedIn
Twitter
Stampa

Altre notizie